Paris-Brest-Paris, 1200km randonnée

“Se una notte d’ estate un randonneur…”

E’ passata ormai più di una settimana dal mio rientro in Italia, ma il ricordo di quello che ho vissuto non si affievolisce. C’ è però una sensazione che mi è rimasta dentro più di ogni altra cosa, quella che “vista la PBP le hai viste tutte”, o meglio, niente sarà più come prima. Ho come il presentimento che nessuna randonnée sarà mai in grado di eguagliare lo spirito respirato durante quelle lunghissime 90 ore  di un viaggio geografico ma anche molto introspettivo che ho vissuto attraverso le campagne francesi. Seimila partecipanti giunti da tutto il mondo, il calore della gente lungo le strade, uno splendido e difficile percorso attraverso chilometri di campi solitari e colline insormontabili e quel giro di boa proprio sull’ Oceano Atlantico; una sfida contro il tempo e contro i propri limiti, ognuno solo contro gli incubi e i deliri che la privazione da sonno è in grado di provocare.

Sette ore. Questo è quanto ho dormito durante le quattro notti della mia PBP. E poi “dormito” è una parola grossa. Avete mai provato a riposare in una stanza con all’ interno 300/400 persone che non si lavano da tre giorni e delle quali un buon 75% russa? Beh, non ve lo auguro.

La prima notte è la più difficile. L’ idea è sempre quella di fare più strada possibile sfruttando la freschezza fisica, ma per me non è andata troppo bene. Riesco a partire solo con l’ ultimo scaglione del mio gruppo, alle 20:00 di domenica, dopo una coda infernale di tre ore in piedi sotto ad un feroce sole di fine agosto che ha portato la temperatura vicino ai 40°; in più sono provato dalle corse fatte negli ultimi due giorni (aereo perso il venerdì con conseguente spostamento del viaggio a sabato, albergo troppo scomodo e lontano dalla partenza) con un po’ di ansia che mi chiude lo stomaco. Morale, arrivo a Mortagne-au-Perche dopo 140km alle quattro del mattino, con già alle spalle un’ ora di riposo forzato, avvolto nel telo termico su di un marciapiede sotto una fastidiosa pioggerella. Mi ci vuole un’ altra ora sdraiato sotto ad un tavolo del controllo prima di rimettermi in marcia, ancora a digiuno.

Ho smesso di pianificare il corso delle mie rando. L’ unica cosa che provo a non lasciare al caso è la preparazione dell’ attrezzatura, bici compresa, ma solo perchè mi piace particolarmente farlo. Per il resto ho imparato a prendere tutto come viene. Se ho sonno dormo li, se ho fame mangio li…e poi tanto altro non c’ è da fare: mangiare, dormire, ah si, pedalare .L’ essenzialità è il bello delle randonnée. Ti riportano allo stato brado.

Il freddo è pungente e l’ alba non arriva mai qua in Francia, bisogna aspettare oltre le sei del mattino per vederla spuntare. E io non amo la notte.

Villaines la Juhel è un punto d’ arrivo psicologico, il primo controllo ufficiale con relativa timbratura. Lo stomaco si riassesta, il fisico sta prendendo il ritmo giusto come speravo. Da adesso in avanti di giorno non avrò grossi problemi, ad ogni controllo solita routine, bagno, timbro e cibo. E poi si riparte.

“Il pleut” mi dice una simpatica signora prima di uscire. Che bella notizia. Ma d’ altronde c’ è da aspettarselo un clima mutevole quando si attraversa uno stato intero con la bicicletta. Dopo pochi chilometri la pioggia aumenta e mi devo vestire. Con solitaria rassegnazione affronto questa prima giornata di acqua alla PBP, saranno otto lunghe ore, inframmezzate solo da una piacevole sosta per il pranzo in una creperie con la compagnia di un simpatico Australiano. Non chiedetemi dove, però era buona e il locale caldo e asciutto.

Un controllo alla volta. La Parigi-Brest-Parigi si conquista così, a colpi di 70/80km. Prima Fougères, poi Tinténiac. 364km fatti e il primo giorno che se ne va. Ma arriva un’ altra notte, e già so che non avrò tempo per riposare quanto il mio fisico vorrebbe.

Sulla lunga discesa che porta a Quedillac mentre cala l’ oscurità vengo fermato da una volante della polizia appena giunta sul posto: sta sbarrando la strada, mi spiega che c’ è appena stato un incidente, coinvolti un ciclista e un camion, non sa nient’ altro. Purtroppo scoprirò solo il giorno seguente che si trattava di un americano, Thai Pham, deceduto nello scontro. Non so cosa sia potuto succedere, un colpo di sonno, una distrazione dell’ autista, ma è accaduto il peggio.

Il mio pensiero va alla sua famiglia.

Nel frattempo sopraggiungono altri ciclisti e veniamo deviati per 3km su di una strada alternativa mentre il cielo si oscura di nero, come a ribellarsi per quello che è appena accaduto. Dopo il paese c’ è un controllo segreto; non proprio il controllo segreto che siamo abituati a vedere dalle nostre parti, con una macchina a bordo strada e un tavolino di plastica per mettere i timbri. Qua c’ è un intero capannone, caldo e affollato, dove si può anche mangiare qualcosa. Io timbro e riparto subito, voglio arrivare prima possibile a Loudéac per provare a riposarmi un po’. Un cielo da apocalisse accompagna il calare delle tenebre, con dei tuoni che poche volte ho sentito in vita mia. Mi preparo al peggio, ma per fortuna ci passo in mezzo senza troppe conseguenze; incontro anche i primi sulla via del ritorno, un gruppetto di una decina di elementi scortati da macchine e moto dell’ organizzazione, calzoncini corti, t-shirt, cambi regolari e via a testa bassa. Mi impressionano, sono 400km davanti a me.

E’ quasi mezzanotte quando arrivo a Loudéac, vuoto e infreddolito mi dirigo direttamente al dormitorio, dove chiedo di essere svegliato dopo tre ore. Non basteranno. Sono così stanco che mi dimentico anche di andare a timbrare la carta di viaggio. Per lo meno al mio risveglio non piove, carico una borraccia con una bustina di integratori  e riparto da solo nell’ oscurità.

La mattina si rivela umida e fredda, la vicinanza dell’ Oceano influenza il clima, sembra di stare in autunno, una coltre di nebbia piomba addosso ai randagi impegnati a raggiungere il tanto agognato giro di boa. Arrivo a Brest nel primo pomeriggio, attraversare il ponte che fino ad ora avevo visto solo sulle foto di tanti altri randagi è un’ emozione unica; sono in perfetto orario sui controlli, pranzo e poi riparto, voglio sfruttare al meglio le ore del giorno, in più oggi mi sento particolarmente in forma, meglio approfittarne.

L’ orologio non si ferma mai, è inclemente. Il corpo è stanco, la mente è stanca, ma non ti puoi mai fermare troppo, il limite delle 90 ore è li dietro l’ angolo. Un’ altra notte cala, lunga, eterna. La percezione del tempo muta drasticamente in condizioni di disagio come questa e le ore non passano mai. Vorresti fermarti ma non puoi, qualcuno lo fa, buttati qua e la avvolti in un telo termico sul bordo della strada, ma è un riposo fittizzio, solo per la mente. Poi vedi in lontananza un bagliore, quella luce rossastra che indica un centro abitato, un’ oasi di salvezza per il ciclista notturno, pochi attimi di lucidità prima di cadere di nuovo nella semi-incoscenza da privazione di sonno.

Ultimo giorno, e ultima notte. Il viaggio volge al termine. Ma ci sono ancora 400km da fare. La giornata invoglia a pedalare, a godersi questi ultimi momenti in compagnia, piccoli gruppi che si formano spontaneamente; esperienze, sensazioni, momenti di vita, poi il passo fa la sua selezione. Fino ad incontrare un altro gruppo. La PBP è anche questo, non si pedala mai soli: una striscia d’ asfalto lunga 1230km percorsa senza sosta da seimila anime. Unica.

Fougères, poi Villaines-la-Juhel, la strada è la stessa ma cambia la prospettiva e i posti attraversati sembrano diversi. Forse è la stanchezza. Proseguo veloce ma l’ orario dei controlli è senza pietà; ancora una notte, solo una, ma sarà la più difficile di sempre. Quando il buio mi avvolge la fatica si impossessa di me e lo scenario che mi circonda non aiuta a farmi forza: è impressionante, ogni 300/400 metri c’ è qualcuno sdraiato per terra, corpi ovunque, nei fossati, in mezzo ai campi, negli androni delle case, qualcuno dorme in piedi, altri piegati sul proprio mezzo. I più distrutti non ce la fanno neanche ad allontanarsi dal bordo della strada e se ne restano li, inermi, accasciati di fianco alle loro biciclette con le luci ancora accese. Mai vista una cosa simile. Evito di fare foto, per rispetto del momento difficile che gli altri stanno attraversando. Su e giù per queste colline che di notte si ingigantiscono, una lunga fila di lucine rosse a dettare la via. Raggiungo Mortagne-au Perche alle 02:00 stremato ma consapevole che il più è alle spalle. Mancano solo 140km.

Ho dei ricordi ben precisi di quella mattina: un’ alba rosa emozionante, un freddo pungente, i lunghi rettilinei in mezzo alle campagne e la splendida boulangerie che ha resuscitato me e tantissimi altri prima di raggiungere il controllo di Dreux. Dreux, appunto. 65km da fare. Un’ inezia. Non questa volta. Per fortuna non sono solo, conosco Joel, da Philadelphia, anche lui lavora in un negozio di bici, anche se viviamo due realtà molto diverse. Una ripida collina ci separa, mi affianca un ragazzo inglese, fixed gear, parafanghi, Carradice; scambiamo qualche battuta, stile inconfondibile, lo ammiro per aver affrontato la PBP con un solo rapporto. Per me resta un sogno, chissà, tra quattro anni forse.

Come quando finisce un’ avventura, o come quando si rientra a casa da un lungo viaggio, raggiungo Saint Quentin en Yvelines con un filo di rammarico, contento per aver terminato in tempo la mia prima PBP, ma allo stesso tempo triste perchè è finita. Vorrei che il viaggio proseguisse, leggero e senza pensieri come è stato fino qui. Un applauso e l’ ingresso nello stadio, poso la bicicletta e vado a mettere l’ ultimo timbro, prima di sdraiarmi nel prato all’ ombra di un albero. Chiudo gli occhi e mi addormento, felice. 88 ore e 38 minuti, adesso sono anch’ io un’ ancien della PBP.

38 pensieri su “Paris-Brest-Paris, 1200km randonnée

  1. Michele

    ciao Fabio ti ho seguito durante la tua avventura con ansia e trepidazione incollato al sito della PBP ero stra contento e felice quando ho visto che eri arrivato….sono davvero contento per questa PBP. Ho continuato a controllare il tuo blog e stamattina posso leggerlo, come sempre mi colpisce come scrivi e come riesci a far trasmettere le cose.
    Grande Fabio

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  2. Giuliano randonneepercaso

    Ciao Fabio,
    anche questa è andata…anche questa è stata una grande avventura, forse è stata ‘L’AVVENTURA’ fin qua più bella. Penso proprio che come questa non ce ne siano altre: i paesaggi, i randagi, le tante lingue sentite, le tante biciclette e le persone locali che con il loro affetto, il loro sostegno, la loro presenza giorno e notte hanno fatto la differenza in questo incredibile viaggio alla ricerca di un nuovo traguardo. Ci siamo incrociati diverse volte, abbiam scambiato alcune battute e come al solito è stato un piacere. Un saluto e alla prossima avventura. Ciao Giuliano

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  3. daniele

    Ciao Fabio,

    ancora oggi non riesco a riadattarmi alla realta’ e alla routine quotidiana, dopo 5 giorni (e notti) da *sogno* in PBP.
    Passo le giornate a leggere racconti sul web, i commenti sui forums italiani e stranieri, a guardare centinaia di foto…
    Il tuo era fra quelli piu’ attesi e come sempre l’eleganza della tua scrittura fa a gara con il tuo stile da randonneur: in pochi possono starti dietro a ruota.
    Penso proprio che ricorderai a lungo questo 2011.
    Per l’ennesima volta, e mai migliore occasione di questa: Chapeau!

    daniele

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  4. Matteo

    Credo che siano davvero parecchie le persone che attendevano questo resoconto.
    Il tuo stile non rimane solo sui pedali ma viene accompagnato ed esaltato anche attraverso i tuoi racconti.
    Grazie per il tempo che dedichi per raccontarci le tue imprese… con le tue parole rendi davvero possibili i sogni di tanti ciclisti!
    Compliementi per la super impresa!!!

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  5. Domenico Aurisicchio

    Nel leggere le prime righe del tuo racconto mi ha fatto venire un po di angoscia, nel senso, ho pensato, sarà stato tutto il viaggio così. Poi per fortuna ti sei ripreso e la conclusione, che è quella che conta è il pensiero alla prossima. Da più parti ho letto che ha fatto freddo, compreso l’art. su Ciclturismo, io non ho sentito tanto freddo anche se ho viaggiato nel pieno del temporale tuoni, lampi fulmini e saette e poi nella nebbia (rarissimamente l’ho incontrata nelle Randonnee). Ho impiegato 87 ore fermandomi a chiacchirare con le meravigliose e fantastiche persone che ci aspettavano, e rifocillavano nei paesini. Con una famiglia bretono ci siamo dati appuntamento per il 2015. Sul sonno so che hai qualche problemino ma oramai ci convive bene. Non ho mai pensato di dormire in un dormitorio per il motivo da te descritto il russare e il .. diciomo così troppo caldo. per me i microsonni in qualche punto di controllo o davanti ad n bar e in due casi nell’ingresso di una casa. Quì c’è stato un vero divertimento perchè facevo finta di dormire e sentivo le persone bisbigliare sommessamente. Concordo con te che la PBP è unica nel suo genere. Ciao e ci vediamo se metti in atto il progetto di una Tua randonnee

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  7. musseu

    “Vorrei che il viaggio proseguisse, leggero e senza pensieri come è stato fino qui,”
    Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni, grande Fabio un bel trampolino di lancio x l’oltre

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  8. alberto

    complimenti vivissimi, ti invidio parecchio! Chissà se un giorno riuscirò anch’io nell’impresa!
    Qualcuno sa che fine ha fatto Silvia Micronauta? E’ da un anno che non aggiorna il blog.

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  9. Domenico Aurisicchio

    Silvia ha pubblicato su un suo blog che si intitolo missmicronauta. ha comunque portato a termine lapbp vai youtube e troverai dei filmati

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  10. mariano simonato

    Bellissimo il tuo racconto; reale e veritiero come ad essere presenti.
    Anch’io concordo con Aurisicchio nel dire che non c’era un freddo particolare. Alla partenza notturna dei controlli mi vestivo un po’ pesante, ma poi soffrivo il caldo e restavo solo con i manicotti e il giubbino rifrangente. Comunque, io sono stato fortunato perchè ho preso pochissima pioggia. e questo mi ha giovato lungo tutto il percorso.
    ciao e arrivederci alla prossima pbp.

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  11. Baracca

    Grande Fabio, finalmente il resoconto della tua PBP: essenziale non prolisso ma in grado di trasmettere sensazioni forti come solo la “mamma” di tutte le randoneè sa infondere !
    Alfredo

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  12. Maurizio

    Fabio ben ritrovato e …” CONGRATULAZIONI”
    Scrivo volutamente a caratteri maiuscoli il mio entusiastico plauso perchè
    sei riuscito in pochi mesi a :
    Diventare Papà
    Gestire l’apertura di un nuovo negozio
    Qualificarti per la Paris Brest Paris
    Portare a termine la Pafris Brest Paris .
    Come ha scritto Luca GPS : Chapeau !”
    Un caloroso Ciao

    Maurizio

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  13. carlo sulas

    Ciao Fabio, stavolta non ci siamo incontrati,direi per caso, visto che viaggiavo solo qualche ora davanti,per fortuna ti ritrovo nel bellissimo randoconto.Alle prossime Carlo Sulas (IL Sir)

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  14. Umberto

    Dopo due mesi i ricordi iniziano a sbiadire, ma rileggendo il tuo racconto sembra di essere nuovamente sulle strade della Bretagna nel bel mezzo di questa inceredibile avventura.
    ciao e grazie

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  15. Giovanni

    Grandissimo, sono rimasto affascinato dalla tua esperienza e dal tuo racconto, varamente complimenti.
    sono un grande appassionato di bici, mi piacerebbe un giorno provarci
    Giovannni

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    1. fabiozen Autore articolo

      Ciao Giovanni e grazie! La PBP è un’ esperienza unica che chi ama e pratica il ciclismo dovrebbe provare una volta nella vita. Nel 2015 io farò di tutto per esserci nuovamente, compreso l’ organizzare una serie completa di brevetti in Trentino per parteciparvi. La cosa che spaventa molti è il chilometraggio, ma ti assicuro che con una discreta preparazione passo dopo passo si può fare 🙂 E te la ricorderai per sempre.

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  16. Domenico Aurisicchio

    Il chilometraggo lo si deve pensare tappa per tappa e, come detto altre volte, una successione di Mediofondo o piccole Randonee. La cosa che non deve mai preoccupare è il restare soli. C’è sempre gente lungo la strada pronta a darti una mano, c’è solidarietà tra i Randonnee che non si trova altrove. La mia testimonianza: s’era rotto un copertoncino e non avevo uno di riserva, (cosa comunque consigliabile di poprtare) tempo di attesa circa 10 minuti e un signore, che non capii bene di che nazionalità fosse, mi dette un manicotto specifico per ripararlo e proseguii fino al controllo

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